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Prostituzione. Pagare le tasse per un mestiere che non esiste per lo Stato? Interrogazione
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Iniziativa 
19 luglio 2008 0:00
 
Interrogazione dei Senatori Donatella Poretti e Marco Perduca, al Ministro del Lavoro, Salute e politiche sociali, al Ministro dell'Economia e delle Finanze
 
premesso che:
- nel novembre del 2007, una sentenza d'appello della Commissione tributaria della Lombardia condannava M. L. al pagamento di una somma di circa 70 mila euro all'Agenzia delle Entrate, comprensiva di tasse e sanzioni, per l'omessa dichiarazione al fisco di redditi non documentabili in quanto provenienti dal libero esercizio dell'attività meretricia da parte della medesima- rivolgendosi alla Commissione tributaria provinciale, la donna ha dimostrato di essere stata una prostituta, durante il giudizio il suo legale ha anche prodotto le inserzioni con cui la donna ha pubblicizzato la sua attività e le bollette relative all'utenza telefonica utilizzata;
- i giudici di primo grado si sono espressi a favore di M. L. affermando che i guadagni della prostituzione "non possono essere considerati tecnicamente redditi" e che "la Commissione, in sintonia con il principio enucleato dalla Corte di Cassazione in tema di qualificazione del fenomeno della prostituzione con la sentenza n.4927 del 1 agosto 1986, condivide l'ipotesi avanzata dalla ricorrente sulla determinazione dei proventi, e quindi sulla non tassabilità degli stessi, quale forma di risarcimento del danno sui generis a causa della lesione dell'integrità della dignità di chi subisce l'affronto della vendita di sé; analoga considerazione e trattamento dovrebbero avere, proprio per la stretta connessione tra l'utilizzo diretto del proprio corpo e guadagno, i casi, per esempio, di vendita a scopo di lucro di organi propri della persona (...)";
- in appello la decisione è stata ribaltata. Le motivazioni della Commissione tributaria regionale, anche se non affrontano in modo diretto il tema dei guadagni da prostituzione, partono dal presupposto che M. L. ha avuto comunque un reddito (che lei ha dimostrato provenire dalla sua attività). Esso è quello presunto calcolato dall'Agenzia delle entrate sulla base delle proprietà della donna, consistenti in sei appartamenti a Milano;
- nel mese di giugno 2008, Z. C., cittadina di origine sudamericana, in Italia dal 2004 con regolare permesso di soggiorno, residente a Parma, è stata multata a pagare 90 mila euro di tasse dalla Guardia di Finanza, per l'omessa dichiarazione di redditi stimati per un ammontare di 357.000,00 euro, provento della attività di prostituta esercitata dalla medesima;
- la contestazione a Z. C. avverrebbe in ordine al principio che il meretricio è un atto civilisticamente illecito, e i guadagni sono tassabili quali redditi diversi derivanti da proventi illeciti. Illecito ritenuto tale in forza dell'art. 5 del Cod .Civ., che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. In realtà questo articolo sembra non riguardi la questione, in quanto i rapporti e le attività ipoteticamente compiute dalla Signora Z.C. non possono essere parificati o paragonati -neppure per interpretazione estensiva- ai cosiddetti atti di disposizione del proprio corpo. Se cosi', invece, fosse dovrebbero essere considerati tali anche i rapporti che si hanno senza remunerazione, che invece sono espressione di quella libertà sessuale che é garantita dalla Costituzione;    
 - sono numerose le segnalazioni da parte di prostitute che riferiscono di essere state condannate a pagare ingenti sanzioni per la mancata dichiarazione dei redditi derivanti dalla loro attività. Molte di loro si vedono costrette a continuare e a incrementare la propria attività per far fronte alle somme dovute all'Erario;
- perché sussista l'individuazione di un regime fiscale per i proventi della libera prostituzione, deve esistere un rapporto tra contribuente e Stato in cui quest'ultimo garantisca al contribuente le opportune forme di tutela, regolarizzazione e assistenza nel pieno rispetto dei diritti lavorativi;
- la legislazione italiana non regolamenta in alcun modo l'aspetto fiscale relativo all'esercizio di un'attività di tipo meretricio, non essendo questa una professione civilisticamente riconosciuta.
 
Per sapere:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario informare l'Agenzia delle Entrate con una interpretazione univoca sul trattamento fiscale dei redditi derivanti dalla prostituzione
 
 
 
 
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