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Imposta/canone Rai. Interpellanza parlamentare
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Iniziativa 
29 giugno 2016 6:57
 
Atto Camera
Interpellanza 2-01404
presentato da DI BATTISTA Alessandro
testo di Lunedì 27 giugno 2016, seduta n. 642
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cosiddetta «legge di stabilità») ha modificato il regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246 convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, prevedendo al comma 153 lettera a) che «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica e al comma 153 lettera b) chiarisce che «Il canone di abbonamento è, in ogni caso, dovuto una sola volta in relazione agli apparecchi di cui al primo comma detenuti, nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica, come individuata dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223»;
sempre al comma 153, lettera c) si prevede poi che: «Per i titolari di utenza di fornitura di energia elettrica di cui all'articolo 1, secondo comma, secondo periodo, il pagamento del canone avviene in dieci rate mensili, addebitate sulle fatture emesse dall'impresa elettrica aventi scadenza del pagamento successiva alla scadenza delle rate»;
la legge di stabilità è pertanto chiara nello specificare che il canone verrà riscosso in bolletta esclusivamente per chi è titolare di utenza elettrica nel luogo di propria residenza anagrafica;
il successivo comma 154 demanda ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione di «termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica [...]»;
da ultimo, il comma 156 dispone che per l'attuazione di quanto sopra «l'Anagrafe tributaria, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Acquirente Unico Spa, il Ministero dell'interno, i comuni, nonché gli altri soggetti pubblici o privati che ne hanno la disponibilità sono autorizzati allo scambio e all'utilizzo di tutte le informazioni utili, e in particolare dei dati relativi alle famiglie anagrafiche, alle utenze per la fornitura di energia elettrica, ai soggetti tenuti al pagamento del canone di abbonamento alla televisione [...] nonché ai soggetti esenti dal pagamento del canone»;
in ragione di quanto sopra, pertanto, l'Agenzia delle entrate avrebbe dovuto richiedere ed ottenere — da parte delle anagrafi comunali — i dati relativi alla composizione dei nuclei anagrafici, e ciò al fine di imputare correttamente il canone/imposta Rai in bolletta, evitando duplicazioni illegittime di imposizione a soggetti non tenuti al pagamento del canone Rai perché già pagato da altro componente del nucleo familiare anagrafico;
tuttavia, l'Agenzia delle entrate non ha utilizzato i pubblici registri anagrafici ma ha, a giudizio degli interpellanti, con con procedure di dubbia legittimità, stabilito che l'intestatario di utenza elettrica residenziale, il cui canone/imposta Rai era già pagato da altro componente del nucleo familiare, avrebbe dovuto inviare apposita dichiarazione sostitutiva nella quale avrebbe dovuto indicare quale componente del proprio nucleo anagrafico già pagava il canone;
con provvedimento del 24 marzo 2016 (Definizione delle modalità e dei termini di presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato ai sensi dell'articolo 1, comma 153, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e approvazione del relativo modello) è stata infatti prevista la necessità per il contribuente — al fine di evitare doppie imposizioni illegittime di canone Rai in bolletta elettrica — di inviare una dichiarazione sostitutiva che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato non deve essere addebitato in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante in quanto il canone è dovuto in relazione all'utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia anagrafica, di cui il dichiarante comunica il codice fiscale;
tale violazione è stata peraltro segnalata da alcune associazioni dei consumatori come Aduc — Associazione per i diritti degli utenti e consumatori — che in particolare ha sottoposto all'attenzione della magistratura penale per mezzo di un esposto/denuncia per il reato di cui all'articolo 323 del codice penale, secondo il quale commette il reato di abuso d'ufficio il pubblico ufficiale che in violazione di norme di legge intenzionalmente procura ad altri (lo Stato) un ingiusto vantaggio patrimoniale (pagamento di imposte non dovute) e arreca ad altri (i contribuenti) un danno ingiusto, consistente o nel pagamento non dovuto di una imposta o alla assunzione di responsabilità penale per dichiarazioni attinenti fatti altrui;
tale prassi, e i relativi provvedimenti dell'Agenzia delle entrate, sembrano agli interpellanti non conformi con la legge di stabilità, e di fatto sovvertire il criterio di imputazione del canone Rai in bolletta che in questo modo non avviene più nei confronti di chi ha una bolletta intestata nell'abitazione di residenza, ma avviene nei confronti di tutti i cittadini italiani e stranieri residenti in Italia che siano intestatari di utenza elettrica residenziale, a prescindere dal luogo di residenza anagrafica e a prescindere dal fatto che altro componente del nucleo familiare già assolva il pagamento dell'imposta, che così coprirebbe anche gli altri componenti dello stesso nucleo familiare;
il cittadino che si trovi in tale situazione, per evitare una imposizione illegittima, dovrà allora attivarsi e comunicare con apposita dichiarazione sostitutiva — la cui falsità comporta responsabilità penale anche in caso di erronea compilazione in buona fede — di non essere tenuto al pagamento del canone Rai sull'utenza elettrica residenziale a lui intestata poiché il canone per le tv che detiene è già pagato da altro componente del nucleo familiare;
tale prassi era stata peraltro criticata dal Garante per la protezione dei dati personali che, nel parere emesso sulla bozza di decreto ministeriale (Registro dei provvedimenti n. 192 del 27 aprile 2016), aveva stigmatizzato una simile decisione: «Suscita perplessità la scelta di individuare i soggetti obbligati al pagamento automaticamente, e in via presuntiva, attraverso i dati relativi alla tipologia di tariffa applicata per l'erogazione di energia D2 (clienti domestici con utenza nel luogo di residenza anagrafica) anche per i contratti stipulati antecedentemente al 2016, senza nemmeno effettuare preventive verifiche con i dati di residenza presenti in anagrafe tributaria. Ciò, in quanto i dati relativi all'indirizzo di fornitura dell'energia elettrica non sono «normalizzati» e, pertanto, non verificabili con quelli relativi alla residenza anagrafica del contribuente presenti anagrafe tributaria»;
il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 13 maggio 2016, n. 94 pubblicato in Gazzetta ufficiale del 4 giugno 2016 ed in vigore dal 5 giugno 2016, emanato con un ritardo di oltre tre mesi e mezzo rispetto a quanto imposto dalla legge di stabilità, a giudizio degli interpellanti illegittimamente conferma la bontà di tali prassi, così eccedendo la delega ricevuta dalla legge di stabilità;
la legge di stabilità demandava infatti al successivo decreto esclusivamente l'individuazione delle modalità di riversamento da parte delle società elettriche delle somme incassate in favore dell'erario, e non altro;
il decreto ministeriale n. 94 del 2016 viola per gli interpellanti altresì la stessa legge di stabilità, confermando quanto stabilito dall'Agenzia delle entrate, e cioè che il canone Rai verrà addebitato su tutte le utenze elettriche residenziali e non — come invece previsto dalla legge — sull'utenza elettrica intestata al contribuente nel luogo di propria residenza;
così facendo, il nominato decreto ministeriale e i provvedimenti dell'Agenzia delle entrate in materia violano per gli interpellanti inoltre l'articolo 6, comma 4, della legge n. 212 del 2000, cosiddetta «Statuto del Contribuente», poiché onerano il cittadino alla comunicazione di dati (la residenza anagrafica e la composizione del nucleo familiare) già in possesso della pubblica amministrazione;
prevede, difatti, l'articolo 6 — rubricato «Conoscenza degli atti e semplificazione» — al comma 4: «Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d'uffici di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa»;
ancora, il nominato decreto ministeriale e i provvedimenti dell'Agenzia delle entrate in materia sembrano violare per gli interpellanti, per gli stessi motivi, la legge sul procedimento amministrative n. 241 del 1990 che — specularmente allo Statuto del contribuente — all'articolo n. 18 prevede che «i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare»;
a ciò si aggiunge che le dichiarazioni sostitutive richieste ai cittadini e agli stranieri residenti espongono il dichiarante a responsabilità penale in caso di falsità delle dichiarazioni: la possibilità di aver commesso e commettere in buona fede errori nella compilazione è decisamente elevata tenuto conto che dal mese di marzo fino a fine maggio si sono susseguite diverse indicazioni da parte dell'Agenzia delle entrate, peraltro rese esclusivamente tramite il sito web istituzionale; in questo senso, si riporta quanto evidenziato sul punte dal Garante per la protezione dei dati personali nel proprio parere: «Al fine di assicurare idonee garanzie ai contribuenti in relazione alla correttezza del trattamento dei dati nell'addebito del canone in bolletta, occorre quindi che venga assicurata la maggior consapevolezza possibile dei contribuenti in relazione alla circostanza che i dati acquisiti in sede di stipula del contratto per la scelta della tipologia di tariffa di fornitura dell'energia elettrica sono adesso utilizzati anche ai fini dell'addebito del canone, nonché in ordine alle modalità di aggiornamento/rettifica degli stessi». Tale richiesta del Garante al Ministero dello sviluppo economico è rimasta lettera morta;
l'Agenzia delle entrate ha pertanto deciso di partire non — come previsto dalla legge di stabilità dal dato anagrafico messo a disposizione dei comuni, ma dall'intestazione di una utenza elettrica residenziale: tale dato tuttavia non necessariamente rispecchia l'effettiva residenza dell'intestatario in quell'immobile, poiché per le più varie ragioni (da un mancato aggiornamento incolpevole ad una consapevole omissione nella comunicazione contrattuale con la società elettrica), è possibile che questi sia titolare di utenza elettrica intestata ma abbia residenza anagrafica altrove, con il proprio nucleo familiare che già paga il canone Rai;
l'intestatario si trova quindi davanti ad una scelta: da una parte può inviare la dichiarazione sostitutiva per non dover pagare illegittimamente il canone Rai già pagato dal familiare, così esponendosi alla modifica della tariffa elettrica applicata e al ricalcolo degli ultimi 5 anni di consumi con la tariffa non residenziale (dai rapporti AEEGSI, 34/2015/R/EEL, si stima un aumento medio del 50 per cento degli importi per ogni anno); dall'altra si vede costretto ad accettare di pagare una imposta non dovuta di 100,00 euro (importo probabilmente di gran lunga inferiore all'ipotesi di ricalcolo delle tariffe elettriche);
così facendo, l'Agenzia delle entrate pone secondo gli interpellanti il cittadino nella condizione di pagare una imposta non dovuta, intromettendosi nella gestione di un rapporto contrattuale di tipo privatistico e favorendo indebitamente o l'erario o le casse dei gestori elettrici, quale indiretta remunerazione ulteriore rispetto a quella già cospicua, prevista dal decreto ministeriale;
di ciò ha dato conferma 12 direttrice dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlando, nel corso di un'audizione presso la commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria della Camera dei deputati dell'8 giugno 2016, durante la quale – secondo fonti di stampa – avrebbe dichiarato in merito: «È solo nell'ipotesi che un cittadino abbia più utenze elettriche intestate con la tariffa agevolata per prima casa, il che vorrebbe dire che è scorretto, che o cambia tariffa oppure paga il canone Rai»;
sempre nel corso della medesima audizione la direttrice dell'Agenzia delle entrate ha infine reso noti i dati ufficiali relativi alle dichiarazioni di esenzioni ricevute dall'Agenzia delle entrate, ovverosia 817.000 dichiarazioni. Si tratta di un numero particolarmente esiguo, come evidenziato dall'Aduc Associazione per i diritti degli utenti e dei Consumatori (http:// tlc.aduc.it/rai/comunicato/imposta+canone+ rai+polizia+morale+mafia+cioe 24497), poiché non riguarda le sole dichiarazioni di non detenzione di una tv, ma tutte le dichiarazioni pervenute, anche da parte di chi è titolare di utenza elettrica residenziale ma è già coperto dal canone Rai pagato da altro componente del nucleo familiare. L'esiguità delle dichiarazioni pervenute avvalora ancor di più quanto finora evidenziato –:
quali iniziative intenda il Governo assumere per porre rimedio alle criticità descritte in premessa in ordine ai provvedimenti adottati dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero dello sviluppo economico che secondo gli interpellanti risultano di dubbia legittimità;
se sia intenzione del Governo assumere iniziative normative urgenti al fine di posticipare la riscossione in bolletta elettrica del canone Rai e consentire una corretta e compiuta informazione dei contribuenti.
(2-01404) «Di Battista, Fico, Liuzzi, Caso, Scagliusi, L'Abbate, Manlio Di Stefano». 
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS