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Residenze sanitarie assistenziali. Interrogazione
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Iniziativa 
3 settembre 2008 0:00
 
Interrogazione al Ministro del Lavoro Salute e Politiche sociali da parte dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca

premesso che:
secondo la vigente normativa la spesa relativa al pagamento delle rette di permanenza nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per soggetti con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenni non autosufficienti e’ ripartita per il 50% a carico del S.S.N. e per il restante 50% a carico dei Comuni, con l’eventuale compartecipazione dell’utente secondo i regolamenti regionali o comunali (All. 1 D.p.c.m. 14 febbraio del 2001, richiamato nell’art. 54 della legge 289 del 2002);

che questi ultimi possono chiedere all’assistito un contributo percentuale a tal fine, sulla base della situazione economica dello stesso, valutata secondo i parametri ISEE, cosi’ come determinata dall’art. 25 della legge 328/2000 in relazione a quanto stabilito nel d.lgs. 109/98;
 
premesso altresi’ che:
A) i Comuni, le ASL e le RSA calcolano l’ISEE dell’assistito con riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di appartenenza, ignorando la previsione normativa di cui all’art. 3, comma 2 ter del d.lgs. 109 del 1998 secondo la quale ai fini del calcolo ISEE, per i soggetti con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenni non autosufficienti che usufruiscano di prestazioni sociali agevolate, si deve prendere il considerazione la “situazione economica del solo assistito” (si vedano documenti allegati da 1 a 3) alcuni Comuni addirittura, in assenza dei regolamenti comunali finalizzati ad individuare la situazione economica dell’assistito ai fini della compartecipazione agli oneri, richiedono il pagamento dell’intero 50% della retta che per legge dovrebbe essere pagata dal Comune (si vedano documenti allegati da 4 a 6);

i comuni, le ASL e le RSA disapplicano il dettato normativo giustificandosi con la mancata adozione del d.p.c.m. cui l’art. 3, comma 2 ter del d.lgs. 109 del 1998 fa riferimento, finalizzato ad “evidenziare la situazione economica del solo assistito”;

tale prassi e’ illegittima. Se cosi’ non fosse si giungerebbe al paradosso giuridico per cui l’inerzia della Presidenza del Consiglio dei Ministri comporterebbe la disapplicazione di una legge ordinaria;

del resto, tale e’ l’univoca interpretazione delle autorita’ consultate: pareri del Garante per la protezione dei dati personali  nota del direttore generale del diritto alla salute e delle politiche di solidarieta’ della Giunta Regionale Toscana: (si vedano documenti allegati da 13 a 21);

cosi’ come univoca e’ l’interpretazione della recente giurisprudenza amministrativa e ordinaria che sull’argomento si e’ pronunciata con sentenze e ordinanze cautelari (TAR Sicilia – Sez. distaccata di Catania, n. 42 del 11 gennaio 2007; Tar Lombardia-Milano, Ordinanza n. 602/08; TAR Toscana, sez. III, Ordinanza n. 733/07 del 7 settembre 2007, TAR Toscana, sez. II, Ordinanza n. 43/08 del 17 gennaio 2008; TAR Toscana sez. II, Ordinanza n. 291/2008; Sentenza 174/08 Tribunale di Lucca; Giudice di Pace di Bologna, sentenza n. 3598 del 12 ottobre 2006);

che sul punto si e’ altresi’ pronunciato il Consiglio di Stato, con ordinanza 2594/08 del 16 maggio 2008 su appello proposto dal Comune di Firenze all’ordinanza del TAR Toscana, sez. II, n. 43/08 del 17 gennaio 2008. Il Supremo organo di giustizia amministrativa ha cassato le doglianze dell’amministrazione ritenendo sussistenti sia il fumus boni iuris – la bonta’ prima facie delle considerazioni in punto di diritto – che il grave pericolo economico per gli anziani assistiti, stante la
sproporzione fra i redditi percepiti dagli stessi e le somme richieste dalla pubblica amministrazione;  B) i Comuni, le ASL e le RSA, in caso di insufficienza del reddito dell’assistito, chiedono ai congiunti dello stesso, il pagamento di parte o dell’intera retta in base agli artt. 433 e ss. del codice civile e all’art. 1 della legge 1580 del 1931 (si vedano documenti allegati da 7 a 12);

che l’art. 2 comma 6 del d.lgs. 109 del 1998 pone espressamente il divieto di rivalersi, per il pagamento di contributi relativi a prestazioni agevolate, nei confronti dei congiunti dell’assistito, escludendo l’applicazione degli artt. 433 e ss. c.c.;

che l’art. 1 della legge 1580 del 1931, che disponeva la possibilita’ di esercitare una azione di rivalsa, per le spese di spedalita’ e manicomiacali, nei confronti dei congiunti che erano per legge tenuti agli alimenti durante il periodo di ricovero, e’ stato abrogato da norma uguale e contraria che espressamente esclude tale possibilita’ (il summenzionato art. 2 comma 6 del d.lgs. 109 del 1998). Cio’ in applicazione dell’art. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale (cosiddette Preleggi) secondo cui la norma posteriore abroga quella anteriore con essa incompatibile;

considerato infine:
come segnalato piu’ volte da Aduc (Associazione Diritti degli Utenti e Consumatori), che numerose famiglie, stante la grave situazione di salute del proprio congiunto, sono costrette a pagare quanto richiesto, pur anche nella consapevolezza dell’ingiustizia ed illegittimita’ della pretesa, o a vedersi negato il rimborso di quanto indebitamente pagato

per sapere:
Se non intenda attivarsi perche’ sia finalmente adottato il dpcm citato al fine di dare attuazione definitiva alle disposizioni gia’ in vigore, anche prevedendo idonee misure compensative a beneficio di coloro che si trovino o si siano trovati nelle condizioni descritte in premessa.
 
 
 
 
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