testata ADUC
Telemarketing e privacy. Accettare la violazione delle norme europee? Interrogazione
Scarica e stampa il PDF
Iniziativa 
22 ottobre 2009 18:07
 
Interrogazione a risposta scritta della senatrice Donatella Poretti ai ministri per le Politiche Europee e per lo Sviluppo Economico

Premesso che:

- la direttiva 2002/58/CE, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche prevede che gli Stati membri debbano assicurare che "gli abbonati abbiano la possibilita' di decidere se i loro dati personali –e, nell'affermativa, quali– debbano essere riportati in un elenco pubblico" (art. 12) nonche' di adottare "le misure appropriate per garantire che, gratuitamente, le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta [...] non siano permesse se manca il consenso degli abbonati interessati oppure se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate" (art. 13);

- il Parlamento italiano, con la legge n.14 del 27.02.2009 (GU 28.2.2009 n.49 S.O. n.14) ha adottato, convertendolo in legge, il cosiddetto decreto legge "Milleproroghe" (decreto legge n. 207 del 2008). All'articolo 44, al comma 1bis, si prevede che –in deroga alla disciplina prevista dal Codice in materia di protezione dei dati personali, d.lgs 30.06.2003, n.196 ed in particolare alla disciplina prevista dagli artt. 13 e 23, che ha recepito ed attuato la direttiva 2002/58/CE– "i dati personali presenti nella banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1 agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali sino al 31 dicembre 2009";

- come riportato sul sito Internet dell'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (Aduc), nel settore dedicato alle Telecomunicazioni e ai diritti degli utenti di tv, Internet e telefonia, tlc.aduc.it (*):
nel dicembre 2006, il Garante per la protezione dei dati personali annuncia una linea dura contro le telefonate-disturbo segnalate dagli utenti e che arrivano da gestori telefonici o da aziende private che propongono prodotti. Spiega il Garante: sono numerosi i cittadini che si rivolgono all'Authority per lamentare l'offerta di servizi e prodotti prevalentemente da parte di societa' telefoniche (linee veloci Internet, segreterie telefoniche, tariffe particolari, instradamento automatico della linea verso altro operatore), o che protestano per i continui disturbi arrecati alla loro vita privata da call center che li contattano, spesso negli orari meno opportuni, per proporre offerte commerciali;

- nel 2007-2008, sempre il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato diverse decisioni che impedivano a taluni prestatori di servizi di vendere banche dati specifiche nella misura in cui le stesse erano state create utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1 agosto del 2005 e per i quali non v'era alcuna prova che gli utenti avessero ricevuto l'informativa di cui all'art. 13, d.lgs 30.06.2003, n.196 o vi era la prova che l'informativa fornita fosse del tutto insufficiente, inadeguata o inidonea;

- il medesimo Garante, peraltro, aveva chiarito che, indipendentemente dal consenso degli interessati, residuava la possibilita' per il titolare della banca dati creata utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1 agosto del 2005, di utilizzarla direttamente, anche per attivita' promozionali per conto di terzi, purche' fosse stata fornita agli utenti un'idonea ed adeguata informativa, con cio' consentendo, data l'esistenza di banche dati siffatte, la prosecuzione dell'attivita' di telemarketing senza alcun rischio, paventato a giustificazione della deroga, per i posti di lavoro del settore;

- con l'art. 44, comma 1bis, della legge 14/2009 si e' consentito, dunque, sino al 31.12.2009 di utilizzare banche dati caratterizzate non solo dall'assenza del consenso dell'utente per l'utilizzo dei propri dati personali, ma anche caratterizzate dalla totale assenza di un'informativa all'utente o dalla presenza di un'informativa insufficiente, inadeguata o inidonea, cio' in deroga al Codice di protezione dei dati personali ed in contrasto sia con la direttiva europea 2002/58/CE sia con la giurisprudenza del Garante per la protezione dei dati personali;

- la Commissione Europea, con risposta scritta del 7 aprile 2009 all'interrogazione P-1463/2009, sul punto svolta dall'europarlamentare radicale Marco Cappato, ha concluso come segue: "La Commissione ha rilevato le divergenze tra la recente legge (ndr. art. 44, comma 1bis, l. n.14 del 2009) e le decisioni del Garante e sollevera' con le autorita' italiane la questione della compatibilita' di tale legge con la direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche. Se necessario adottera' misure appropriate per garantire il rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati, in particolare della direttiva 2002/58/CE";

- in commissione Affari Costituzionali del Senato, in sede di esame del DDL n. 1784, di iniziativa del Presidente del Consiglio e del Ministro delle Politiche Europee, per la conversione in legge del Decreto Legge n 135 del 25 settembre 2009, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, e' stato presentato dal senatore Lucio Malan (relatore) l'emendamento n. 20.0.2 che propone, con l'introduzione di un articolo 20bis, la modifica della disciplina di settore vigente attraverso il sistema del cd. opt-out introducendo la cd lista Robinson e propone, all'ultimo capoverso, che "All'articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, le parole "sino al 31 dicembre 2009" sono sostituite con le parole: "sino ai due mesi successivi all'istituzione del registro di cui al comma 2-bis dell'articolo 129 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196", con cio' prorogando, di fatto sine die e comunque almeno per altri 20 mesi, la disciplina gia' censurata dalla stessa Commissione Europea con la risposta all'interrogazione sopramenzionata, e cio' proprio nella legge che dovrebbe assicurare l'attuazione degli obblighi comunitari.

Considerato inoltre che:
il mercato del telemarketing italiano e' così definito dall'Aduc, in un suo libro edito da Nuova Giuridica:
I call center sono la croce degli italiani. Vengono da anni molestati a tutte le ore dai gestori telefonici (e non solo) per attivare nuovi servizi; al contrario, se hanno un guasto o devono contestare una fattura, l'operatore svanisce: dopo aver fatto il giro di tutte le opzioni dettate da una voce registrata, e' facile ottenere un telefono sbattuto in faccia o una risposta evasiva. Va avanti da anni questo andazzo e a nulla sono servite le prese di posizione delle autorita' indipendenti, le sanzioni (minime) e le minacce di perseguire gli abusi penalmente. Come gia' in altre situazioni, non e' la mancanza di norme a garantire la sostanziale impunita' di chi non rispetta le regole sulla privacy o gli obblighi contrattuali. Cosi' e' un triste e finora inutile ripetere agli operatori: rispettate le norme.

Per sapere, per quanto di loro competenza, i ministri interrogati:

- se intendono assumere iniziative, in ragione della risposta della Commissione europea, al fine di evitare che nell'ordinamento italiano continui ad essere prorogata la vigenza di una norma gia' censurata dalla Commissione stessa, anche al fine di scongiurare il rischio di incorrere in una procedura di infrazione europea;

- se ritengono la sequenza degli eventi compatibile con il sano sviluppo di un settore economico quale quello del telemarketing e se intendono assumere iniziative per porre termine alle continue vessazioni a danno dei cittadini piu' indifesi.
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS