Firenze, 29 Luglio 2006. Ora che e' siglato l'accordo tra Governo e associazione dei farmacisti viene spontanea una domanda:
a cosa e' servita tutta questa confusione dello sciopero dei farmacisti? La risposta e' una sola:
a ribadire la concertazione, cioe' che le decisioni, l'esecutivo e il Parlamento, le devono prendere di concerto con le categorie interessate, altrimenti queste ultime mettono a ferro e fuoco il Paese.
Durante lo sciopero dei farmacisti le posizioni in gioco erano apparse molteplici. Tra chi manifestava la propria contrarieta' a qualunque liberalizzazione delle vendite dei farmaci da banco fuori delle farmacie, fino alla Federfarma che riteneva troppo tiepida la liberalizzazione del Governo, spingendosi a ritenere valida la nostra proposta di legge (
clicca qui) che prevede la vendita senza la presenza del farmacista. Un guazzabuglio che alla fin fine si e' manifestato per quello che era fin dall'inizio:
una rivendicazione corporativa; di una corporazione che ha capito fin dall'inizio che non aveva chance di impedire la riforma del Governo (foss'anche perche' si trattava dell'allineamento a quanto gia' accade in mezzo mondo), ma che ha voluto cogliere l'occasione per affermare il suo potere in materia.
Un gioco delle parti che e' costato molto allo Stato e ai cittadini.
Da una parte la mobilitazione delle forze dell'ordine per impedire che la situazione degenerasse ai livelli di incivilta' dei taxisti,
Dall'altra i cittadini-consumatori che hanno dovuto subire i disagi per lo sciopero.
Ognuno ne tragga le conseguenze che ritiene piu' opportune. Ma resta, di fatto,
che la politica e l'economia non hanno giocato un ruolo amico e favorevole verso il cittadino, ma sono state solo lo strumento di potere per affermare lo stesso a danno dei consumatori.
Sara' cosi', crediamo, per tutte le altre categorie che, in un modo o nell'altro, stanno protestando contro le cosiddette liberalizzazioni, a partire, soprattutto, dagli avvocati, che si sono assunti la responsabilita' di aver fatto saltare migliaia di processi, creando difficolta' non tanto a quello Stato che sarebbe il loro interlocutore, ma a chi aspettava un processo agognato da anni.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc